19 febbraio 2011

Retrospettiva disorganica: Nintendo e la censura.

Ai giorni nostri non è così inusuale trovare titoli destinati a un pubblico adulto su tutte le macchine per videogiocare, Wii e DS inclusi, ovviamente non è sempre stato così, altrimenti questa frase avrebbe avuto una costruzione completamente diversa, pur non perdendo in supponenza.

Una volta, pensate, la gente si sollazzava con le trottole e nessun laureato in scienze delle merendine speculava sul fatto che giocare a guardie e ladri istigasse alla violenza, mentre oggigiorno se le trottole non hanno la connessione wireless o il touch screen noi giustamente non ce le caghiamo e ogni nuovo GTA o Call of Duty è seguito da polemiche sui principali mezzi di diffusione eterea della polemica.

Considerando che stare a sentire idioti che continuano a dire idiozie serve a farci sentire meno idioti, si sta decisamente meglio oggidì.
Ma torniamo alla storia, non prima di un’immagine potenzialmente correlata. 

Link's attention deficit disorder. Curiosità: The Legend Of Zelda, a Link to the past, è il titolo americano del gioco, in nippolandia era The legend of Zelda: The Triforce of God. Niente riferimenti a dio per gli americani. 

A cavallo tra gli anni ’80 e ’90, vuoi perché le trottole avevano comunque fatto il loro tempo e malgrado le promesse il freesby non si è mai saputo imporre sul mercato, vuoi perché gli americani 50 anni or sono non hanno sganciato abbastanza bombe atomiche sul Giappone, vuoi perché il senso del pudore esisteva ancora e i sex toys non erano così inflazionati, nel settore “intrattenimento domestico elettronico” la Nintendo dominava il mondo.

Nintendo voleva dire Pleistescion prima che Pleistescion volesse dire PES e prima che PES volesse dire videogioco barra scusa per vedere l’amante o farsi le canne con gli amici.
Solo che erano tutti distratti dalla caduta del muro di Berlino per farci caso.

Chi di voi è abbastanza vecchio da ricordarsi di quel periodo può confermare: volevi giocare a Mario Bros e di quel diavolo di muro non te ne fregava un cazzo, ma non si parlava d’altro.

“E' caduto il muro di Berlino!” Dicevano tutti.
“L’avranno costruito dei muratori rumeni”. Rispondeva qualcuno.

E altre battute ciniche e xenofobe che hai capito solo qualche anno dopo emigrando dalla Sicilia.



Nintendo, intanto, era in vetta alle classifiche di vendita e da relativamente piccola azienda giapponese, costituita su una solida base di prodotti videoludici adatti ai bambini e alle famiglie, aveva improvvisamente dovuto rapportarsi con il mercato mondiale, censurando in maniera paranoica la maggior parte dei videogiochi destinati al Nord America.
Al mondo non ci stanno solo famiglie ipocrite e i loro bimbi coccolosi ai quali tenere nascosta la crudeltà dell’esistenza, c’è anche gente che vuole sangue e violenza nei videogiochi; nazisti da crivellare di colpi, teste da decapitare e mondi alieni da stuprare.

In fondo i videogiochi sono divertenti proprio per queste cose, mica perché posso spazzolare un fottuto cane virtuale e sentirmi virtualmente in colpa se muore di fame, dio virtuale.

Ma Nintendo era risoluta a restare una compagnia kids-friendly e, oltre ad adattare i titoli controversi degli sviluppatori esterni con tagli e censure, impose un decalogo di norme da rispettare a chiunque volesse sviluppare giochi per NES, Super Nintendo e Game Boy.
Di seguito alcune delle linee guida per i programmatori istituite dalla divisione 'mericana della casa di Mario e tradotte da Drink! il primo blog videoludico che quando parla di videogiochi ha come l’impressione che a nessuno gliene possa importare una minchia.

Infatti ve le leggete su questo link le linee guida. E in inglese, affari vostri.



Tra gli adattamenti più emblematici ricordiamo il caso di Wolfstein 3D, pioneristico shooter in prima persona, acclamato su Personal Computer e trasposto su Super Nintendo con censure davvero ilari.
Nel gioco si vestivano i panni di William 'B.J.' Blazkowicz, soldato statunitense di origni polacche, con lo scopo di fuggire dal castello Wolfenstein e tentare di far cadere il regime nazista uccidendo Hitler.
A differenza della controparte per PC, la versione per console annoverava: pastori tedeschi trasformati in topi giganti, svastiche sparite dai muri, ritratti di Adolf dai quali erano stati rimossi I BAFFI, sangue colorato di bianco, pistole ad acqua, granate di stelle filanti e certamente qualcos’altro che mi sfugge.

Inutile dire che la Nintendo, grazie ai ritocchi a questo gioco e ad altri (Mortal Kombat, Castelvania, Ducktales, Final Fantasy, Maniac Mansion) ci fece una figura di merda, le vendite del Super Nes subirono una flessione e dopo un anno i dirigenti ritirarono il decalogo e fiumi di sangue a volontà.

Sia quel che sia, questa è la storia del perché ebbi un Sega Mega Drive, perché da buon ragazzino sociopatico e frustrato quale ero, io volevo ardentemente poter fare le fatality con Sub Zero e trivellare di colpi gli alieni, altrimenti avrei sperperato la mia gioventù giocando a pallone come tutti gli altri sfigati che non giocavano ai video games.


Alla sconclusionatezza non c’è mai limite
Drink! il primo blog italiano di satira videoludica e racconti camuffati come disorganiche analisi retrospettive del medium.